Un drammatico movimento in avanti


Riprendo in mano le Lettere a nessuno di Antonio Moresco. Ci sono parti che non ho ancora letto, parti che voglio rileggere, ampie sezioni su cui tornare e sottolineare. Eccone una: è un appunto fra i tantissimi che riguardano la condizione (l’essenza vera, e poi il ruolo nella società e tutto il resto) dello scrittore.

Due giorni dopo ero all’isola di Capri… Veniamo ospitati nella foresteria di una villa, dove arrivano a rotazione dalla Svezia artisti, musicisti, borsisti… Cucine collettive, docce, camere da letto, salotti, stanze con pianoforte, corridoi pieni di librerie con libri svedesi e italiani… È tutto bello, meraviglioso, sembra di essere in un altro mondo, eppure quest’idea degli scrittori e degli artisti che vengono qui, in questo incantevole spazio foraggiato e protetto, a fare gli scrittori, i musicisti, gli artisti, che vengano riservati questi spazi separati e predisposti da società benestanti e colte a una piccola porzione specializzata della propria popolazione perché ci vada a svolgere la sua inoffensiva parte di scrittore e di musicista e di artista, io la vivo con malessere e avversione profondi. La mia vita sarà stata anche di merda, ma non vorrei e non avrei voluto per me questa protezione e questa tutela, sono contento di non aver avuto questa ciambella di salvataggio e questa limitazione, di non essere vissuto in uno spazio rappresentativo e protetto, in questa bambagia culturale e in questa dimensione predisposta e allevata. Lo scrittore è uno che si scava a forza fondamenta abrasive dentro la vita e lo spazio dell’esperienza. Lo scrittore non deve essere trattato come una specie in via di estinzione, deve avere le spalle al muro, deve sempre sentire contro le proprie spalle e l’intero corpo il muro contro cui, tanto più in questa epoca, è collocato, così che non gli resti che inventarsi uno spazio ulteriore e un drammatico movimento in avanti.